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mercoledì 8 maggio 2013

Ecco le cose che non funzionano in Italia e non solo – Lavoro (seconda parte)

Riprendiamo da dove eravamo rimasti Ecco le cose che non ......... – Lavoro (prima parte).
Se anche, oltre alle multinazionali ed alle grandi imprese, vanno via anche le medie imprese, allora si che le cose si mettono davvero male senza possibilità più di rimedio. Ma perché  anche le medie imprese rischiano di andare via? Vanno via per seguire la stessa strada delle grandi imprese, spostare così i propri stabilimenti di produzione in quei paesi asiatici e sudamericani, perché come già scritto nella prima parte del post Ecco le cose che non ......... – Lavoro (prima parte) il costo del lavoro è relativamente basso ed inoltre sono nuovi mercati da conquistare.

Vediamo questi punti con maggiori dettagli.

1)      Primo punto. Il costo del lavoro in queste nazioni  è relativamente basso per una serie di motivi, quali:
a)      il costo fiscale sul lavoro applicato dai governi di questi paesi, diciamo in via di sviluppo, non è opprimente come è in Italia ed in altri paesi dell’Europa, tutto questo facilita ed attira gli investimenti e gli insediamenti delle grandi società ed aziende internazionali;
b)     il costo per ogni lavoratore è più basso rispetto com'è in Europa, ed inoltre in questi paesi il lavoratore è quasi uno “schiavo” visto che lavora molto e viene pagato poco, soprattutto operai, mentre nei paesi occidentali sviluppatti ci sono troppe leggi di tutela del lavoro e del lavoratore, che viene considerato un impedimento ai profitti da queste grande aziende;
c)      come detto al punto (b) i lavoratori sono sfruttati, infatti non ci sono leggi particolari che tutelano e difendono i loro diritti ed le loro condizioni di lavoro, quindi altri costi in meno delle aziende per quanto riguarda sicurezza ed ambiente di lavoro;
d)     il basso costo dell’energia, sia perché alcuni paesi sono produttori di fonti energetiche, sia perché questi governi rispettano poco o niente il Protocollo di Kyoto del 1997 per quanto riguarda l’emissione dei gas nocivi in atmosfera, in quanto volontariamente esonerati nell’obbligo di rispettare detti vincoli, tutto a vantaggio delle aziende che non dovendosi preoccupare molto di attenersi ad obblighi ambientali particolari, si risparmiano così i costi della strumentalizzazione e delle operazioni per il controllo sulle emissioni nocive, a discapito dell’ambiente e della salute della popolazione.

2)     Secondo punto. In questi paesi i PIL crescono in maniera davvero strepitosa, con aumento dell’occupazione industriale, tanto è vero che in Cina molti giovani hanno abbandonato e continuano ad abbandonare le campagne per trasferirsi e lavorare nelle industrie delle megalopoli città cinesi, come decenni fa succedeva in Italia e nel resto dell’Europa, con conseguentemente aumento del denaro in circolazione. Vengono così a crearsi dei nuovi mercati appetitosi a cui vendere i propri prodotti (auto, elettronica, abbigliamento, etc…..) mentre i mercati dei paesi occidentali europei, sia per colpa della crisi, sia perché sembrano saturari di questi prodotti, al momento sono un po’ esclusi e non costituiscono il mercato principale delle grandi aziende multinazionali.
 

Infine i governi di questi paesi oltre a non dover rispettare il Protocollo di Kioto non hanno altri trattati vari particolari da rispettare (come invece il trattato di Trattato di Maastricht del 1992 per i paesi dell’Unione Europea), quindi possono anche indebitarsi senza preoccuparsi più di tanto del debito pubblico, evitando così di tartassare cittadini ed aziende.

Ma anche diverse nazioni europee stanno conoscendo un fase di sviluppo. Questi sono soprattutto i paesi dell’est, Romania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, etc….., entrati a far parte della CEE più o meno nell’ultimo ventennio, non avendo vincoli di natura particolari da rispettare, anzi addirittura con l’arrivo dei contributi della ’Unione Europea, hanno visto crescere gli insediamenti di aziende europee ed internazionali, che dislocano la loro produzioni in questi luoghi, sia per i motivi citati sopra per i paesi orientali e sudamericani, sia perché “cadono a pioggia” appunto i contributi e gli aiuti economici provenienti dall'Europa.  

Questi sono, secondo il mio punto di vista, alcuni motivi che spingono la chiusura di aziende importanti grandi e medie in Italia e nel resto dei paesi europei in difficoltà aderenti all’euro, che la crisi economica in Europa sta accentuando. Ma la crisi viene utilizzata da "alcune" anche come scusa per fare la  “furbette” per chiudere e spostarsi altrove, con conseguente chiusura anche delle piccole aziende connesse che seguono commesse ed altri servizi per conto delle grandi aziende.

Ma fin quando durerà tutto questo?
Fin quando quei lavoratori “sfruttati” per quattro soldi resisteranno e non reclameranno maggiori diritti e maggiori salari?
Fin quando noi continueremo a comprare cose costose prodotte a basso costo dai sacrifici di questi lavoratori mal pagati e poco tutelati?  

Se si continua a tirare troppo la corda….. prima o poi la corda si spezza!


Dite la vostra!
Per Cambiare la Nostra Italia e non solo........
Roberto 

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