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lunedì 20 maggio 2013

Crisi Economica Attuale - IL NORD come il SUD Italia “La Questione Meridionale si trasforma in Questione Nazionale”

Questa crisi economica attuale sta accumunando il sud con il nord Italia, dove appunto anche il nord sta conoscendo il dilemma di come si vive quando la situazione economica non è più rosea, mentre il sud è già abituato vista la “cronicità” in cui vive ormai da decenni.  
In qualche post fa Ecco le cose che non funzionano....– Lavoro (prima parte) avevo menzionato la “Questione Meridionale” che richiedeva almeno un post a parte, anche se ci vorrebbe un blog intero. Ho fatto qualche ricerca su questo tema, che ha confermato qualcosa che già sapevo, anche perché io stesso sono meridionale, perché ne avevo sentito parlare della verità su questo argomento, “la guerra tra terroni e polentoni”.
Proprio in questi ultimi tre anni dal 2010 al 2012 ci sono stati i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Ma vediamo cosa dice la storia, non solo quella raccontata nei libri di scuola, sulle conseguenze che ha comportato l’unificazione nazionale e di come era prima dell’Unità d’Italia la situazione economica e sociale del paese.
Fino all’anno 1861 data in cui si sancisce l’Unità d’Italia, non esisteva nessuna “Questione Meridionale” infatti non c’era molta differenza tra Nord e Sud per quanto riguardava lo sviluppo economico, che secondo diversi storici era alla pari. Mentre fino ad allora non c’era nessuna emigrazione di meridionali verso il nord, al nord invece andavano in via in milioni in altri paesi.
L’economia del sud fino ad allora aveva punti di eccellenza. Infatti a Mongiana, in Calabria,  c’era la più grande industria siderurgica italiana con 1500 dipendenti, tra cui operai provenienti da Brescia, tecnici provenienti da Germania e Svizzera, ed Ingegneri provenienti dall’Inghilterra, però il cervello dell’azienda era tutto meridionale. Era la prima fabbrica al mondo dove si lavorava solo 8 ore al giorno, la prima che aveva la cassa mutua e la prima che prevedeva una pensione per gli operai. Con l’arrivo dei garibaldini e con l’Unificazione d’Italia lo stabilimento fu chiuso, con conseguenze tragiche non soltanto per le numerosi perdite di lavoro che causò, ma comportò anche, perché fino ad allora non c’erano stati casi di cronaca, atti di criminalità. L’azienda appunto fu chiusa e venduta come ferro vecchio ad un ex sardo garibaldino, già condannato per truffa allo Stato e poi ovviamente, come succede ancora oggi, per questi meriti divenne anche deputato.
Quattro anni prima del’invasione, il Regno delle Due Sicilie, fu premiato all’Expo della Scienza e della Tecnica a Parigi con medaglia, dopo l’Inghilterra e la Francia come paese più industrializzato d’Europa.    Infatti a Napoli c’era la più grande officina meccanica del tempo, che fu copiata dagli zar della Russia. Ma con l’arrivo dei bersaglieri la fabbrica fu chiusa, nonostante gli operai si misero a difesa dello stabilimento, ma dovettero cedere quando i bersaglieri iniziarono a sparare. L’officina così fu chiusa e furono aperte altre al nord.
Il Regno delle Due Sicilie era molto fiorente, aveva un commercio dove esportava sia nel ricco nord dell’Europa che in America. Anche la “prima crociera” fu del Regno delle Due Sicilie che capì prima di tutti gli altri il business del turismo.
Il conte Cavour, dopo l’Unificazione d’Italia, incaricò un tecnico un certo cavaliere Sacchi, di mettere ordine nella burocrazia e finanza nel regno appena conquistato ed annesso, che però risultò esemplare sia a livello di gestione ed organizzazione aziendale che nel funzionamento amministrativo per il pagamento delle tasse, al punto che lo stesso Sacchi chiese al conte Cavour l’estensione a tutta l’Italia del sistema burocratico e finanziario borbonico nettamente migliore al resto del paese.
Ma il conte Cavour rimase a capo del governo solo all’inizio del primo anno dell’Unificazione d’Italia, era il 1861 stesso anno in cui morì nel mese di giugno con la carica del primo presidente del consiglio dei ministri.
Ma con l’Unità d’Italia, e dopo la morte del conte Cavour, le cose cambiarono. Il Sud venne depredato delle sue ricchezze, si fecero chiudere le officine meccaniche, impianti siderurgici, ecc…., per aprirli al nord.
Fu penalizzato anche il porto di Napoli, il più fiorente all’epoca, che dopo l’Unità d’Italia persa la sua importanza a favore dei porti di Genova e Livorno scelti quali porti razziali dove dovevano entrare le merci degli altri paesi stranieri per il pagamento dei dazi.
La politica economica di allora, ma forse anche fino ai giorni nostri, perseguiva lo scopo che, quello che doveva morire al sud doveva nascere al nord. Prima con lo spostamento delle grandi fabbriche e poi con il trasferimento della popolazione meridionale, che con l’emigrazione in quegli anni e nei decenni successivi all’unificazione, raggiunse oltre 15 milioni di persone del sud emigrate al nord, soprattutto per fare i lavori più duri.  
Queste informazioni cercate su internet, soprattutto tratte da una video intervista a Pino Aprile su Rai Due del 2010, di cui potete vedere uno spezzone da questo link su YouTube Intervista a Pino Aprilelo stesso Pino Aprile autore anche del libro “Terroni”.
Da tutto questo è evidente che quello che è successo al Sud da 150 anni ad oggi, ora con questa crisi economica sembra stia succedendo al Nord ed al resto dell'Italia.
Una volta che una fabbrica chiude o se ne va, è difficile che poi riapra di nuovo, sia che sia italiana che straniera. Per questo dobbiamo cercare di far evitare la chiusura continua giornaliera delle fabbriche nostre e non, indipendentemente se sono al sud o al nord, siamo pur sempre italiani. Dobbiamo evitare che veniamo depredati delle nostre fabbriche, delle nostre ricchezze e della nostra identità.
Come già detto in un precedente post Elezioni Politiche Italiane 2013......!  le nazioni mentre una volta si conquistavano con l’invasione militare, oggi si conquistano con l'invasione economica. Si porta prima uno Stato a diventare debitore, poi alla bancarotta ed infine alla sottomissione economica, come sta succedendo con l’Italia, Grecia e Spagna.
Ma questo si ritorcerà sulle nazioni che in questo momento si sentono sicure e ricche, fin quando non si accorgeranno che presto toccherà anche a loro e forse solo dopo le cose cambieranno!

Dite la vostra!
Per Cambiare la Nostra Italia
Roberto 

mercoledì 8 maggio 2013

Ecco le cose che non funzionano in Italia e non solo – Lavoro (seconda parte)

Riprendiamo da dove eravamo rimasti Ecco le cose che non ......... – Lavoro (prima parte).
Se anche, oltre alle multinazionali ed alle grandi imprese, vanno via anche le medie imprese, allora si che le cose si mettono davvero male senza possibilità più di rimedio. Ma perché  anche le medie imprese rischiano di andare via? Vanno via per seguire la stessa strada delle grandi imprese, spostare così i propri stabilimenti di produzione in quei paesi asiatici e sudamericani, perché come già scritto nella prima parte del post Ecco le cose che non ......... – Lavoro (prima parte) il costo del lavoro è relativamente basso ed inoltre sono nuovi mercati da conquistare.

Vediamo questi punti con maggiori dettagli.

1)      Primo punto. Il costo del lavoro in queste nazioni  è relativamente basso per una serie di motivi, quali:
a)      il costo fiscale sul lavoro applicato dai governi di questi paesi, diciamo in via di sviluppo, non è opprimente come è in Italia ed in altri paesi dell’Europa, tutto questo facilita ed attira gli investimenti e gli insediamenti delle grandi società ed aziende internazionali;
b)     il costo per ogni lavoratore è più basso rispetto com'è in Europa, ed inoltre in questi paesi il lavoratore è quasi uno “schiavo” visto che lavora molto e viene pagato poco, soprattutto operai, mentre nei paesi occidentali sviluppatti ci sono troppe leggi di tutela del lavoro e del lavoratore, che viene considerato un impedimento ai profitti da queste grande aziende;
c)      come detto al punto (b) i lavoratori sono sfruttati, infatti non ci sono leggi particolari che tutelano e difendono i loro diritti ed le loro condizioni di lavoro, quindi altri costi in meno delle aziende per quanto riguarda sicurezza ed ambiente di lavoro;
d)     il basso costo dell’energia, sia perché alcuni paesi sono produttori di fonti energetiche, sia perché questi governi rispettano poco o niente il Protocollo di Kyoto del 1997 per quanto riguarda l’emissione dei gas nocivi in atmosfera, in quanto volontariamente esonerati nell’obbligo di rispettare detti vincoli, tutto a vantaggio delle aziende che non dovendosi preoccupare molto di attenersi ad obblighi ambientali particolari, si risparmiano così i costi della strumentalizzazione e delle operazioni per il controllo sulle emissioni nocive, a discapito dell’ambiente e della salute della popolazione.

2)     Secondo punto. In questi paesi i PIL crescono in maniera davvero strepitosa, con aumento dell’occupazione industriale, tanto è vero che in Cina molti giovani hanno abbandonato e continuano ad abbandonare le campagne per trasferirsi e lavorare nelle industrie delle megalopoli città cinesi, come decenni fa succedeva in Italia e nel resto dell’Europa, con conseguentemente aumento del denaro in circolazione. Vengono così a crearsi dei nuovi mercati appetitosi a cui vendere i propri prodotti (auto, elettronica, abbigliamento, etc…..) mentre i mercati dei paesi occidentali europei, sia per colpa della crisi, sia perché sembrano saturari di questi prodotti, al momento sono un po’ esclusi e non costituiscono il mercato principale delle grandi aziende multinazionali.
 

Infine i governi di questi paesi oltre a non dover rispettare il Protocollo di Kioto non hanno altri trattati vari particolari da rispettare (come invece il trattato di Trattato di Maastricht del 1992 per i paesi dell’Unione Europea), quindi possono anche indebitarsi senza preoccuparsi più di tanto del debito pubblico, evitando così di tartassare cittadini ed aziende.

Ma anche diverse nazioni europee stanno conoscendo un fase di sviluppo. Questi sono soprattutto i paesi dell’est, Romania, Polonia, Bulgaria, Repubblica Ceca, etc….., entrati a far parte della CEE più o meno nell’ultimo ventennio, non avendo vincoli di natura particolari da rispettare, anzi addirittura con l’arrivo dei contributi della ’Unione Europea, hanno visto crescere gli insediamenti di aziende europee ed internazionali, che dislocano la loro produzioni in questi luoghi, sia per i motivi citati sopra per i paesi orientali e sudamericani, sia perché “cadono a pioggia” appunto i contributi e gli aiuti economici provenienti dall'Europa.  

Questi sono, secondo il mio punto di vista, alcuni motivi che spingono la chiusura di aziende importanti grandi e medie in Italia e nel resto dei paesi europei in difficoltà aderenti all’euro, che la crisi economica in Europa sta accentuando. Ma la crisi viene utilizzata da "alcune" anche come scusa per fare la  “furbette” per chiudere e spostarsi altrove, con conseguente chiusura anche delle piccole aziende connesse che seguono commesse ed altri servizi per conto delle grandi aziende.

Ma fin quando durerà tutto questo?
Fin quando quei lavoratori “sfruttati” per quattro soldi resisteranno e non reclameranno maggiori diritti e maggiori salari?
Fin quando noi continueremo a comprare cose costose prodotte a basso costo dai sacrifici di questi lavoratori mal pagati e poco tutelati?  

Se si continua a tirare troppo la corda….. prima o poi la corda si spezza!


Dite la vostra!
Per Cambiare la Nostra Italia e non solo........
Roberto 

sabato 4 maggio 2013

Multa Ingiusta – Dopo il danno la beffa

Questo post è un ultimo aggiornamento sul mio primo post con cui ho aperto questo blog, cambiamolanostraitalia.org, che ha riguardato una multa che ho subito ingiustamente (Multa Ingiusta), che dopo la pronuncia di rigetto del Prefetto (Risposta del Prefetto), è arrivata anche la “beffa”. Infatti il mese scorso è arrivata la lettera di comunicazione da parte del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di decurtazione dalla patente n. 5 punti ai sensi dell’art. 126-bis del Codice della Strada, operazione eseguita dalla polizia municipale per via telematica (quindi in tempo reale) il 22/03/2013, data così come riportato su tale lettera (che è, guarda caso, il giorno del mio compleanno, forse mi hanno voluto fare anche loro un pensierino, ma quanto sono stati generosi…..), comunque a distanza di ben 8 mesi di chiusura della definizione della contestazione con il pagamento della multa raddoppiata dopo appunto il rigetto del Prefetto (Risposta del Prefetto).

La curiosità è che qualche giorno prima della data della esecuzione telematica della variazione del punteggio patente eseguita online dalla polizia municipale, non ricordo stavolta esattamente ma credo sia stato mercoledì 20 marzo, ho incrociato con la mia auto i “due sceriffi” che eseguirono all’epoca la multa inventata (Multa Ingiusta). Forse è solo coincidenza.

Subito ho dato un occhiata all’art. 126-bis del Codice della Strada per vedere cosa riportava in merito.

L’articolo 126-bis del Codice della Strada prevede al comma 2 che: l’organo da cui dipende l’agente che ha accertato la violazione che comporta la perdita di punteggio, ne dà notizia entro trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata, all’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida. La contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi. Il predetto termine di trenta giorni decorre dalla conoscenza da parte dell’organo di polizia dell’avvenuto pagamento della sanzione, della scadenza del termine per la proposizione dei ricorsi, ovvero dalla conoscenza dell’esito dei ricorsi medesimi 

Sembrerebbe a questo punto, che nel mio caso sia stato violato il termine dei 30 giorni previsto dall’art. 126-bis del Codice della Strada, infatti dopo il rigetto del Prefetto (Risposta del Prefetto) all’esposto del mio avvocato, il 3 agosto del 2012 ho provveduto al pagamento del doppio della multa subita, è da come ho potuto accertare dalla visione e dalla copia degli atti richiesti all’ufficio della polizia municipale, sul bollettino postale in loro possesso, su cui ho eseguito il pagamento dell’ammenda, c’era il timbro con data di ricevimento il 21/08/2012. Quindi dal 21 agosto 2012 al 22 marzo 2013 sono trascorsi ben 7 mesi, cioè più di 200 giorni rispetto ai 30 giorni che sembra prevedere l’art. 126-bis del Codice della Strada.  

Dopo aver provveduto a comunicare l’accaduto al mio avvocato, ho consultato, in questi ultimi giorni, anche persone che operano nell’ambito degli organi di polizia, e per ultimo ho chiesto un parere online a degli esperti sul sito (ricorsi.net). Risultato che nonostante sia stato violato tale termine dei 30 giorni per la comunicazione per la decurtazione dei punti così come previsto dall’art. 126-bis del Codice della Strada, non posso farci nulla, perché detto termine non è perentorio e non è impugnabile (mi domando allora il Legislatore perché lo scrive se non ha valore) e che la comunicazione di decurtazione punti può avvenire in qualsiasi momento anche dopo anni, infatti sul sito (ricorsi.net) ci sono stati anche casi più eclatanti del mio, con decurtazione punti patente avvenuta anche dopo più di 9 anni.

Purtroppo, ancora una volta, la legge non tutela affatto i cittadini che la subiscono soltanto. Infatti mentre a noi cittadini ci intimano dei termini "ultimatum" 30, 60, etc... giorni per pagare o fare ricorso, altirmenti si è in morosità con conseguente aumento delle sanzioni economiche, ingiunzione di pagammento con intervento di Equitalia, pignoramento e così via, invece lo Stato non ha limiti di tempo può fare con comodo, perchè esso fa la legge e stabilisce come e chi a favore deve essere applicata! Troppo troppo facile e comodo!   

Comunque, nel mio caso io chiederò con lettera, spiegazioni in merito all’organo di polizia municipale.

Ed infine sto preparando tutta la documentazione necessaria per mandarla alla redazione della trasmissione di Striscia la Notizia, tanto per via legale non si risolve nulla. Inoltre farò come fa Striscia la Notizia, utilizzerò la tecnologia audio e video per registrare queste "ingiustizie", vi consiglio di farlo anche voi visto che tutti ormai possediamo cellullari che possono fare foto, video e registrare audio. Non possono dirci che violiamo la legge sulla privacy quando si tratta invece della propria autotutela, mentre "loro" violano la nostra dignità.

PS: lo stesso Stato viola la leggi sulla privacy (legge 675 del 1996 e decreto legislativo 196 del 2003) con installazioni di telecamere dappertutto in città, paesi e strade, utilizzate a favore "loro" e contro noi.   

AGGIORNAMENTO con screenshot della coincidenza che ho scritto all'inizio, a proposito della data di decurtazione punti comunicata dall'organo accertatore al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti  "fatta" il giorno del mio compleanno....... guarda caso!

Multa Ingiusta (ultimo atto)

Dite la vostra!
Per Cambiare la Nostra Italia
Roberto 

mercoledì 1 maggio 2013

Ecco le cose che non funzionano in Italia e non solo – Lavoro (prima parte)

Oggi è il 1 maggio 2013 Festa del Lavoro che dovrebbe essere garantito a tutti come recita l'articolo 1 della Costituzione Italiana: L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Perché è il lavoro che nobilita una persona, è il lavoro che rende efficiente un Stato, è il lavoro che mantiene la pace sociale. Ancora è il lavoro che permette di far circolare il denaro, se una persona guadagna spende, ma se viene meno il lavoro, viene meno tutto il resto e non ci guadagna nessuno.
In questa crisi attuale, la perdita e la mancanza di lavoro è diventato il problema numero 1 contro appunto l’articolo 1 della nostra Costituzione che lo garantisce. Purtroppo la mancanza di lavoro non è solo un problema italiano, ma anche di altri paesi europei che stanno anche in condizioni peggiori di noi, come Grecia, Spagna, Portogallo, e non se la passa nemmeno tanto bene la Francia. Ma facciamo il punto.
Purtroppo non tutti possono avere un lavoro dipendente nel settore pubblico. Purtroppo non tutti possono avere un lavoro dipendente nel settore privato, perché con la globalizzazione e la concorrenza non è facile stare sul mercato da parte delle aziende. Purtroppo sono pochi coloro chi si lanciano in un lavoro autonomo, perché per tutti è più facile fare la propria giornata lavorativa e prendere lo stipendio a fine mese, che cimentarsi in un impegno continuo e profuso sia a livello di mercato che di gestione tecnica ed amministrativa che richiede appunto una propria attività, che però se fatto bene porta maggiori guadagni rispetto al lavoro dipendente.
Fino a qualche anno fa, meglio qualche decennio fa, trovare lavoro in una impresa, grande o piccola, non era tanto difficile come adesso, per lo meno nel centro e nord Italia, mentre al sud la difficoltà di trovare lavoro in una ditta c’è sempre stata da decenni, anche se adesso è ancora più accentuata, vista la poca vocazione industriale del sud a causa della mancanza di idee imprenditoriali e di infrastrutture. Bisognerebbe parlare della “Questione Meridionale” è dirne tutta la verità, ma lasciamola alla storia, non rientra nell’argomento di questo post.
Dicevo che trovare un posto da lavoro dipendente nel privato sta diventando un’utopia come è diventato già da anni un utopia nel settore pubblico. Perché tutto questo? La colpa la diamo ai politici ed ai governi che non fanno nulla, si questo è in parte vero, ma non solo loro hanno la colpa, la colpa è anche di tutti quanti noi e dell’egoismo delle imprese e delle banche.
Iniziamo a parlare proprio dell’egoismo di quest’ultime. Dell’egoismo delle banche ormai tutti sappiamo, qual è davvero la loro funzione finanziaria, ed è inutile soffermarci  visto che ne ho già parlato in questo post Crisi, Banche, Tassi e Mutui, perciò in quest’altro meglio parlare dell’egoismo delle grandi imprese che pensano solo ai loro profitti.
Il mondo è cambiato, il modo di fare mercato è cambiato, con la globalizzazione la concorrenza è spietata. Ormai tutti elogiano la crescita cinese, ma anche altri pesi che un tempo erano considerati poveri stanno crescendo, quali Russia, India, Indonesia ed i paesi sudamericani. Mentre dove fino a qualche tempo fa si stava bene ed ora si incomincia a stare male, sono l’Europa Occidentale e gli USA, quest’ultimi però sembrano già uscirne fuori visto che sono stati così furbi di spostare e scaricare la crisi economica e finanziaria in Europa. Tutto questo causa la mancanza di lavoro in Europa, perché le grandi aziende multinazionali, automobilistiche, dell’elettronica, ecc…, preferiscono spostare ed insediare i loro stabilimenti in questi paesi in via di sviluppo, per produrre i loro prodotti al minor costo possibile, considerando il basso costo del lavoro in questi luoghi, inteso sia come tasse governative da pagare sia come stipendio per i lavoratori. Sempre queste multinazionali, mantengono in Europa solo invece ed esclusivamente le sedi per le loro attività amministrative, pubblicitarie e di vendita. In poche parole producono prodotti nelle nazioni un tempo povere, e vengono a venderli in Europa, guadagnando su ogni prodotto anche il 500% rispetto al costo di produzione. Basta vedere quanti e quali prodotti sono in Made in Cina, come tutti voi avete avuto modo di notare, anche di note aziende importanti. L’esempio degli esempi è l’Iphone, l’Ipad ed altri prodotti tutti di qualità su questo non ci piove, dell’Apple Incorporation notissima società statunitense, però prodotti come sapete nella Repubblica Popolare Cinese, e poi venduti in USA, Europa e nelle altri parti del mondo. Sappiamo il loro notevole costo,  c’è gente, anche chi non guadagna molto, che spende davvero quelle cifre per averlo, ma chi sa effettivamente quant’è il costo di produzione considerando dove viene prodotto? E’ solo un esempio ma c’è ne sono molti altri.
Ovvio che così, sia noi che compriamo a caro prezzo questi prodotti, sia le persone che in questi paesi lavorano molte ore al giorno con paghe ridicole per produrli, a volte anche in condizione lavorative davvero assurde, come più volte sentiamo in TV o in radio, o leggiamo su giornali o su internet, facciamo il gioco di queste multinazionali.
Tutto questo provoca da noi un aumento della disoccupazione mentre “lì” in quei paesi un aumento dell’occupazione, o meglio un aumento dello ”sfruttamento” del lavoro inteso come schiavitù <e non come onore o orgoglio>! Così per “questi” è troppo facile arricchirsi facendo lavorare le persone come schiavi a basso costo per poi venderci i loro prodotti a noi ad alto costo. Se poi anche aziende medie seguono l’esempio di queste multinazionali e vanno via, allora la frittata è fatta ed il problema del lavoro non si risolve più!


Dite la vostra!
Per Cambiare la Nostra Italia e non solo......
Roberto